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SANTO GIUSEPPE MARIA GAMBARO

2,70

Esaurito

Descrizione

Il 1° ottobre del 2000, papa Giovanni Paolo II ha canonizzato un numeroso gruppo di 120 martiri in Cina, vittime delle ricorrenti persecuzioni che si scatenarono contro la cristianità in quel grande Paese, fino al secolo XX.
Fra questi c’è un gruppo di 29 martiri, vittime nei primi giorni di luglio dell’anno 1900, dei famigerati ‘boxers’, che avevano scatenato una furiosa e sanguinosa persecuzione contro i cristiani e gli europei in generale, provocando in soli cinque mesi e nelle sole province dello Shan-si e dell’Hu-nan, una carneficina di circa 20.000 vittime fra vescovi, sacerdoti, religiosi, suore, catechisti e cristiani cinesi.
In questo gruppo di 29 santi martiri, che furono beatificati nel 1946 da papa Pio XII e che comprende 3 vescovi, 4 sacerdoti, 1 fratello religioso tutti Minori Francescani, 7 suore Francescane Missionarie di Maria, 5 seminaristi cinesi e nove domestici-collaboratori cristiani cinesi, 26 morirono decapitati a Tai-yuen-fu, sede del Vicariato dello Shan-si e tre nel Vicariato dello Hu-nan.
In questa scheda parleremo di padre Giuseppe Maria Gambaro, che insieme ai due francescani, mons. Antonino Fantosati e padre Cesidio Giacomantonio, diedero la loro vita per Cristo nello Hu-nan in Cina, nei giorni precedenti il massacro del 9 luglio a Tai-yuen-fu; anch’essi vittime dei sanguinari ‘boxers’ e dei loro fiancheggiatori pagani, aizzati dagli invidiosi bonzi confuciani, con vergognose calunnie contro i missionari; e favoriti dal crudele viceré Yü-sien e tollerati dalla settantenne imperatrice Tz-Hsi.
Bernardo Gambaro nacque a Galliate, provincia di Novara, il 7 agosto 1869 da Pacifico e Francesca Bozzolo pii genitori. Crebbe gioioso e esempio di bontà e di purezza; ad otto anni fece la Prima Comunione, cosa rara per quel tempo e già all’età di 13 anni, dopo aver seguito un corso di Esercizi Spirituali predicati in paese dai Padri Passionisti, maturò in lui l’ideale di farsi religioso.
Verso i 17 anni chiese il permesso ai suoi amati genitori e venne ammesso nel Collegio Serafico di Monte Mesma, posto sul Lago di Orta; il suo antico Superiore attestò che Bernardo veniva notato per la sua docilità e obbedienza alle Regole e per l’assidua occupazione allo studio.
Il 27 settembre 1886 fu ammesso al noviziato posto nello stesso convento, cambiando il nome in fra Giuseppe Maria; sempre del medesimo umore, sempre lieto, segno evidente del suo innocente candore.
Al termine del noviziato, andò a completare gli studi ginnasiali e liceali nel Convento di S. Maria delle Grazie in Voghera dove restò per tre anni, mantenendosi un perfetto esemplare di vita religiosa.
Terminati gli studi filosofici, il futuro martire passò al corso teologico a Cerano nel Novarese, dove pronunciò i voti perpetui il 28 settembre 1890, e il 13 marzo 1892 nello stesso convento di Cerano, già culla del beato Pacifico, venne consacrato sacerdote, alla presenza dei genitori venuti da Galliate.
Poi fu subito trasferito a dirigere il Collegio Serafico ad Ornavasso dove rimase in questo incarico delicato fino alla partenza per la Cina. Fu sempre amato dai suoi discepoli, ai quali sembrava un padre, una madre, un leale e sincero amico; attirava tutti con la sua amabile dolcezza.
Ma il suo antico desiderio di farsi missionario, si faceva più impellente e finalmente i suoi Superiori concessero il loro permesso; il 5 dicembre 1895 partì per Roma per essere sottoposto all’esame richiesto ai Missionari che avevano come destinazione la Cina; l’11 dicembre lasciò Roma per Napoli per imbarcarsi diretto ad Alessandria d’Egitto e poi in Terra Santa dove rimase per due mesi e da lì il 6 febbraio 1896 salpò definitivamente per la Cina.
Padre Giuseppe Gambaro scrisse al fratello le impressioni del lungo viaggio e gli incontri con le varie Missioni nelle tappe della nave, compresi i pericoli di epidemie e tempeste di mare. Giunto nel porto di Han-kow venne accolto dai suoi confratelli della ‘Casa di S. Giuseppe’, qui secondo l’antico uso locale depose l’abito francescano e indossò gli abiti cinesi, gli venne rasa la testa adattando il tradizionale codino.
Da Han-kow fu mandato a 1000 km di distanza a Heng-tciau-fu dove si dedicò all’apostolato fra i contadini e gli artigiani. Ma mons. Antonino Fantosati, Vicario Apostolico del Hu-nan era rimasto favorevolmente colpito dalla figura di padre Gambaro e soprattutto dalla sua esperienza come educatore di giovani chierici, così gli affidò il Seminario indigeno, nel contempo insegnò filosofia e teologia ad alcuni giovani cinesi vicini al sacerdozio.
Visse in questo compito gradito, felice di rivivere le dolci attrattive del Collegio serafico di Ornavasso; univa la dolcezza alla severità; ogni settimana si recava a Hoang-scia-wan per incontrarsi con il Vescovo e con il suo Vicario. Trascorsero così tre anni, finché giunsero nello Hu-nan quattro nuovi missionari di rinforzo, per cui il vescovo destinò padre Gambaro alla Comunità cristiana di Yen-tcion, realizzando così il desiderio antico del missionario, di essere apostolo attivo fra la popolazione e verso la fine di marzo del 1900 lasciò i suoi cari chierichetti e partì per la nuova destinazione, accolto con gli onori di un Gran Mandarino; si fece subito voler bene da tutti, cristiani e pagani, che lo rispettavano contenti di averlo con loro.
Padre Giuseppe Gambaro rimase pochi mesi a Yen-tcion, perché mons. Fantosati si era recato nella città di Lei-yang, per la Pentecoste del 1900, per battezzare e cresimare una ventina di catecumeni e per rendere più solenne la cerimonia e per avere un aiuto, richiese la presenza del missionario,
Dopo Lei-yang i due si fermarono a San-mu-tciao per ricostruire una cappella distrutta dai pagani l’anno precedente e qui giunse loro la notizia, che il 4 luglio 1900 la residenza del Vescovo (Vicario Apostolico del Hu-nan) mons. Fantosati a Hoang-scia-wan era stata distrutta dai pagani, aizzati dai ‘boxers’, come pure l’orfanotrofio e le case dei cristiani e dei protestanti; inoltre uno dei padri, Cesidio Giacomantonio, era stato ucciso e bruciato.
Il giorno 6 luglio, mons. Fantosati, padre Gambaro e quattro cristiani salirono su una barca per tornare a Hoang-scia-wan, nonostante i tentativi di molti cristiani di trattenerli. Verso mezzogiorno del 7 luglio la barca arrivò sul fiume nei pressi della città; riconosciuti da alcuni ragazzi e al grido “morte agli Europei” la plebaglia dalla riva, prese le barche dei pescatori e circondarono quella dei missionari, i quali a stento riuscirono a scendere sulla riva, dove aggrediti dalla folla urlante, furono massacrati con sassi e colpi di bastone; padre Gambaro morì dopo una ventina di minuti di percosse, mentre al vescovo Fantosati agonizzante per le botte, ma ancora vivo, un pagano gl’infilò un palo di bambù con punta di ferro da dietro; negli spasmi il martire riuscì a sfilarlo, ma un altro pagano preso lo stesso palo lo conficcò in modo che uscì dall’altra parte del corpo.
Padre Gambaro prima di spirare si era trascinato vicino al suo vescovo, gravemente ferito, quasi a stringerlo in un abbraccio e dopo avergli sussurrato qualcosa, a cui mons. Fantosati ormai morente, alzava con pena la mano per benedirlo e con quell’amplesso unico nella storia del Martirologio cristiano, morirono i due martiri; padre Giuseppe Gambaro aveva 31 anni di età, di cui quattro di vita missionaria.

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