LA PREGHIERA ROMANA
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Esaurito
Descrizione
Dopo La Religione Romana, testo uscito per Victrix nel 2004, e La poesia religiosa romana, riedito nel 2007, oggi Victrix propone La Preghiera Romana, portando alla attenzione dei lettori questo piccolo, ma importante, testo uscito la prima volta nel 1967, in una raccolta più ampia intitolata La preghiera nella storia delle religioni.
Il testo, qui presentato, costituisce uno dei pochi studi su questo argomento (Pighi stesso elenca i precedenti, fornendone esauriente bibliografia, nella parte iniziale del volume) ed appare ancora oggi fondamentale, sia da un punto vista filologico, a causa dei numerosi riferimenti alle fonti, nella doppia formula delle citazioni di brani di autori latini, che trattano le forme della preghiera romana, e delle ampie citazioni di preghiere, sia per la più generale ricaduta culturale derivata dall’affrontare una questione centrale nella comprensione dei modi e delle forme della religione romana come quella della preghiera.
E’ su questi due fronti che si muove l’interesse delle edizioni Victrix nella riproposizione di questo testo, poiché se, in generale, nei modi della preghiera si può riconoscere la disposizione religiosa di un popolo, nelle varietà, nelle forme, nei modi di composizione e nel linguaggio della preghiera romana, qui descritte ed analizzate con volontà di classificazione, appare esplicita la profonda intrinseca natura religiosa dell’identità culturale romano-italiana.
Inoltre, la trilogia dei testi di Pighi sulla religione romana costituisce, nella sequenza in cui sono stati pubblicati, una progressione logica che conduce lo studio da un primo momento di interesse più generale ed esteriore dei saggi de La religione romana, a quello più particolare ed interiore de La Poesia religiosa, fino a completarsi, toccando il cuore della natura della pratica di un elemento chiave della religione romana, con La Preghiera Romana.
Pighi è essenzialmente un filologo, ogni sua induzione ed inferenza sul senso della cultura che sottende ad un testo, parte dal testo stesso e sembra che le conclusioni, le acute osservazioni si compongano da sole sotto i nostri occhi senza alcuna forzatura da parte dello studioso, ma come deduzioni naturalmente logiche, a noi proprie.
Un’osservazione, in particolare, informa tutta l’opera ed è ben descritta nelle pagine iniziali, quale assunto di base:
‘Tutta la vita dell’uomo, secondo il concetto romano, si svolge, dal concepimento alla morte, e oltre, in continuo contatto col mondo invisibile: al cui favore l’uomo si rivolge, per quanto sente e vuole, e la cui inimicizia cerca di stornare; del favore e della inimicizia egli è attentissimo a cogliere i segni, anzi a provocarli; nel favore desidera mantenersi con la pietas, che consiste nel rispetto della purità rituale e nell’osservanza delle religiones, ossia di tutti gli atti e le parole del culto:
‘Rigorosissimi e prudentissimi nelle forme liturgiche e nell’osservazione dei segni divini.’
dice Gellio, ripetendolo da Varrone e da tutta la tradizione. Il pensiero espresso, ossia parola, e inespresso, non può non accompagnare ogni atto cosciente, tanto più l’atto più impegnativo, ch’è l’offerta, e il più importante, ch’è la consultazione.’
Quello che incontriamo nel libro che presentiamo, oltre all’approfondimento dello studioso, è il carme dei nostri Padri, il suono dei verba, è l’eternità di ogni atto che diviene, nella sacra nominazione, assoluto e eterno, non sottoposto a divenire, non destinato a morire e non isolato nel non senso. La preghiera a Roma appare come elemento fondamentale, presente in ogni atto, è l’essenza stessa del senso puro della lingua, ogni parola e ogni verbo proferiti non hanno altro senso se non quello di trasfigurare ed immortalare, di rendere presenti gli Dei, di far sì che ogni agire sia sempre ed unicamente in conformità al volere divino, ‘relegando’ l’umano al Divino, pacificando il mondo nominandolo divino.
In questo sta la eternità e la attualità del magistrale insegnamento di Roma che ancora oggi riteniamo sia essenziale proporre.
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