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IL PROBLEMA DELL’ERRORE

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Descrizione

  • nella metafisica e nella gnoseologia di Platone

Tutti coloro che si occupano di filosofia e di ricerche filosofiche conoscono Adolfo Levi e sanno che egli ha occupato un posto di rilievo nell’ambito della cultura filosofica italiana della prima metà del nostro secolo, sia come teoreta, sia come storico della filosofia.

A Platone, in modo particolare, egli dedicò una continua lettura, che durò per oltre trent’anni: il suo primo saggio platonico è del 1918 e il suo ultimo fu dettato quasi morente nel 1948′ (dall’Introduzione di Giovanni Reale)

Questa opera postuma è il terzo volume di Levi su Platone. Il volume è stato avviato nel 1938 quando Levi è stato privato del suo posto di insegnante presso l’Università di Pavia dalle leggi contro gli ebrei – e completato due o tre anni prima della sua morte nel 1948.   l’ultima opera di Levi, riprende tutta la sua precedente opera ed è uscita postuma a cura del prof. G. Reale.

Secondo Levi, Platone ha dimostrato che negare la possibilità di falsi giudizi equivale a negare l’esistenza della scienza e dei giudizi veri. Levi sostiene anche che Platone ha dimostrato che, mentre le cause di errore sono soggettive (o sociali o linguistiche), l’errore si trova nel campo della scienza e della ragione, oltre che nel regno dell’opinione e della sensazione.

Inoltre, sostiene Levi, se il non-essere è considerato falso, tale giudizio va ritenuto non assoluto, ma relativo, poiché il giudizio riunisce termini che non sono legati in realtà. Queste affermazioni dipendono, a loro volta, dalla ricostruzione di Levi dei sistemi epistemologici e metafisici che egli asserisce essere nei Dialoghi di Platone. Sulla strada per questa ricostruzione per giustapposizione selettiva delle dottrine, numerosi sono i ricorsi di Levi all’autenticità e all’accuratezza storica della Lettera Settima e agli insegnamenti non scritti di Platone.

Quindi Levi si inserisce esattamente in quella tradizione dell’interpretazione di Platone che ha continuato a pensare che i dialoghi sono stati scritti al fine di trasmettere una sistematica ed esplicita filosofia, cioè un insieme coerente di dottrine. Successivamente, nello sviluppo di questa tradizione questa interpretazione è stata assimilata dal Neoplatonismo, dalla Scolastica e dall’Idealismo. Per questo approccio, la teoria delle idee (esposta nella Repubblica e nel Parmenide) è centrale.

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