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DA BIRICIUCI A CAMILLA

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Descrizione

  • Storie di colline, libri e balli

Leggendo questo romanzo breve di storie di colline, libri e balli ho provato un tuffo al cuore. Per chi è nato durante la prima metà del secolo scorso è un ritrovarsi indietro nel tempo, in un altro mondo, ma un mondo realmente esistito, vissuto direttamente sulla propria pelle. È un po’ il sentire scorrere tutto il fiato di una civiltà che sembra arcaica, scomparsa da millenni, mentre invece tutto è successo appena ieri, circa settanta-ottant’anni fa. In qualche modo ci riporta alle storie di quei Paesi tuoi dell’esordio di un «neorealismo» di elevata esigenza umana, come scriveva Pietro Pancrazi a proposito di un Cesare Pavese alle sue prime prove, alla riscoperta del mondo contadino, o, meglio, alla sua devozione per quella civiltà da secoli maestra di vita e virtù.

Ma nel caso di questo lavoro è, in qualche modo, anche il ritrovarsi in un viaggio in Italia, un viaggio forzato, come quello dell’errante ebreo poeta scrittore e pittore Carlo Levi di ritorno dal confino impostogli dal regime fascista, quando, attraversando in treno la Romagna, nel suo diario-romanzo scrive già il treno mi portava lontano, attraverso la campagna matematica di Romagna con quella colorata geometria di campi, filari, siepi, fossi e antiche case coloniche, piena di luce e di fatica, descrivendola con tutta la bellezza e la poesia dei suoi occhi di fine osservatore, non trascurando di ricordare i disagi e la miseria di quella gente da sempre umiliata e offesa dalla prepotenza dei padroni terrieri, ma che per secoli è stata anima e cultura del popolo, da generazione a generazione.

Ma al di là dei riferimenti alle mie origini e alle antiche letture letterarie che ora mi sono ritornate a galla leggendo il lavoro di Glauco Gardini, ciò che colpisce in questo romanzo è la presa diretta con i personaggi, con la loro appartenenza sociale e con le storie con le quali lo scrittore mette a confronto la propria infanzia con un mondo dimenticato nel cui ricordo c’è tutto il distillato della vita. Glauco Gardini, con la sua capacità di sottile fabulatore e una scrittura agile e ben appropriata, fa scattare subito nel lettore la voglia di scorrere d’un fiato la vita di una civiltà secolare scomparsa ormai per sempre. Anche se a prima vista il titolo dell’opera può indurre a pensare a una parabola da libro cuore, è senz’altro quel timbrico sottotitolo messo a didascalia di tutto il romanzo a donare curiosità e interesse al lettore secondo uno spirito nuovo e al dispiegarsi di una lunga e bella storia d’amore. Allora se Roberto è il nuovo eroe, il protagonista simbolo del cambiamento, e Biriciuci è il gattino amorevole e coccolone simbolo della sua infanzia, Camilla è l’allegoria degli affetti e la forza motrice che conduce alla maturità il nostro eroe verso il nuovo mondo, in una Romagna solatìa e rinnovata, dove il sole dell’avvenire si trastulla, come in un sorriso di gioia, fra la collina, il mare e la città nuova. Invece il sottotitolo Storie di colline, di libri e di balli fa pensare all’ambiente dove nascono e crescono i due eroi, mettendo in luce come il desiderio di sapere e di studio sia elemento determinante nella loro vita in un’epoca nella quale ai contadini e ai più poveri sembrava preclusa la cultura.

È il segno di una legge del trapasso da una civiltà all’altra. Una storia che parte dagli anni Trenta del Novecento e che si conclude dopo la metà degli anni cinquanta, proprio mentre la storia d’Italia cambia totalmente, passando dalla civiltà millenaria del mondo contadino ai primi sintomi della civiltà industriale o del nuovo benessere, quando dalla civiltà analfabeta si va verso l’alfabetizzazione delle classi più povere, dal mondo contadino a quello operaio e della nuova borghesia fino alla civiltà dell’elettronica e della comunicazione consolatoria dei mass-media, oggi così di moda. Questa di Glauco Gardini è in sostanza un’opera solida e coinvolgente, che invita il lettore a riflettere sul valore delle idee e sulla complessità dei sentimenti.

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