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LA TRAMA DELLA COSCIENZA

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Descrizione

  • L’evoluzione della coscienza secondo le tradizioni orientali

“Sapresti dirmi, Socrate, se si può insegnare la virtù?” A questa domanda, il grande filosofo greco rispose che la virtù non è qualcosa che si possa insegnare, perché la si può solo ricordare.

Parafrasando Socrate, l’autore di questo libro sostiene che l’origine della coscienza non è qualcosa che possa essere studiata e compresa, ma qualcosa che per sua natura può essere esclusivamente ricordata.

Per provare questa sua tesi, Giandomenico Fiandri passa in rassegna sia il pensiero dei principali filosofi occidentali, fra cui Piatone, Aristotele, Kant, Spinoza ed Hegel, sia gli insegnamenti delle più importanti tradizioni orientali, soffermandosi in particolare su quelli della tradizione induista, di cui prende in esame le scritture fondamentali, i Veda e le Upanisad.

È nel pensiero orientale, più che in quello occidentale, che egli trova le risposte più illuminanti al problema dell’origine e della natura della coscienza.

La coscienza non è una secrezione dei tessuti cerebrali, come riduttivamente sostiene la maggior parte dei moderni neuroscienziati, ma è l’essenza stessa dell’uomo. La coscienza si manifesta attraverso la forma umana, ma non va identificata con essa.

Il punto di vista cartesiano, andrebbe perciò capovolto: non “Cogito ergo sum”, bensì “Sum, ergo cogito”. In questa concezione perfettamente monistica, infatti, coscienza ed esistenza coincidono e costituiscono l’ente unitario originario, da cui traggono origine la mente e l’io, che di questo ente sono espressione.

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