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Raphael

Raphael usa i mezzi che via via ritiene più idonei: il dialogo realizzativo, la ricerca direzionata nella profondità del proprio essere, la spiegazione, quasi scientifica, di certi processi mentali che dia ad Antonio la possibilità di recidere alla radice la causa di ogni conflitto (si veda in particolare il capitolo “Come nasce la subcoscienza”), finché della originaria incompiutezza non restino che le ceneri dalle quali egli sorge con la consapevolezza di essere Quello. Lungo tutto il dialogo, che per molti versi ricorda quello che si svolge nel Vivekacùdàmani di Saiikara, vi sono immagini e frasi che penetrano per la loro profondità e che Raphael sa porgere con quella saggezza che porterà Antonio ad affermare: «Ha la virtù di regalarmi la pace del cuore e di donarmi le cose più belle». E la chiusa del libro ci fa sentire vibrazioni di infinita dolcezza per un’alba annunciatrice dello splendore del meriggio: «…in questa mia vita di sogno la cosa più bella per me è quella di vedere l’alba. Oggi ho visto ancora un’alba, una bellissima alba». Il libro può interessare una larga cerchia di lettori, perché tanti sono coloro che si trovano in condizioni simili a quelle di Antonio e molti sono quelli che, avendo in loro dei semi pronti al risveglio, cercano il mezzo per farli germogliare e fiorire.