L’ALLINEAMENTO – incontri ed esperienze di confine
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Descrizione
Le vere possibilità della mente iniziano quando essa può finalmente andare a toccare il proprio confine e riconoscersi come un piccolo puntino in un immenso oceano.
Oceano da cui finalmente attingere.
«Mi trovo al di là del confine» mi disse «benché si tratti di un’approssimazione: la tua mente è una piccola bollicina che distorce spazio e tempo per adattarli alle proprie necessità contingenti della tua vita. Questo è ciò che ti serve nella maggior parte del tempo. Eppure altre funzioni le competono, tra cui quella che tu chiami l’esperienza di confine. In quel momento lì diviene realmente serva ed assolve al suo scopo.
Alto e basso possono infine comunicare, Io ed io possono finalmente riconoscersi».
In questo libro la fanno da protagonisti i dialoghi. Qui, l’autore non fa sempre una gran figura: si riconosce come un piccolo individuo di fronte ad un mondo che gli viene posto di fronte perché possa farne esperienza. La prima grande conquista di chiunque voglia avviarsi verso la conoscenza di sé è quella di mettersi nelle condizioni di essere allievo, poiché diversamente rimarrà sempre detentore di parziali ed immutabili verità approssimative e dettate dal funzionamento della propria macchina. E invece no, essere allievi significa essere disposti a sacrificare anche il proprio punto di vista, le idee ed i sentimenti a cui si è tanto affezionati.
«Una cosa è certa» aggiunse «con questo processo che tu chiami globalizzazione e digitalizzazione, molte informazioni sono ora facilmente reperibili. In pochi attimi puoi acquisire informazioni su qualsiasi cosa. Ma saranno sempre informazioni che qualcun altro ha scritto per te. Qualcun altro, beninteso, che al semplice fine di registrare dei dati, ti permette di acquisirne a tua volta. Dati che, per la maniera in cui tu li ricevi, ovvero in maniera piatta e svogliata, in quanto la tua poca curiosità non può compensare la mancanza del prezioso sforzo necessario al raggiungimento di una conoscenza, non potranno che dare esiti poveri ai fini della formazione in te di alcunché di valore».
«Ma stai forse dicendo che il libero accesso alla conoscenza è uno svantaggio?»
«Tu la chiami conoscenza, ma non è conoscenza. Sono informazioni. Perché possa essere conoscenza, deve come minimo esserci uno sforzo di capire. E ancora la conoscenza è ben distante dalla comprensione, dove anche il tuo essere dev’essere coinvolto. Voglio dire che l’informazione che tu chiami conoscenza è ancora più esteriore di prima. Un tempo vi era poca carta, l’inchiostro era costoso, era necessario ponderare con attenzione cosa mettere nero su bianco. Non era facile correggere errori, sbavature. Pensi che fosse semplice come adesso che devi solo battere dei pulsanti sulla tastiera? Le cose erano molto diverse. Certo, non tutti gli scritti erano di valore, è stata prodotta molta spazzatura, ma in pochi riconoscono il valore rituale dell’atto della scrittura. In principio, l’atto di scrivere non era di minor valore di ciò che veniva tramandato. Poteva essere una forma di meditazione. Ora, dato che le risorse vengono percepite come illimitate, è possibile scrivere di tutto. Il tuo mondo è il mondo dell’iperinformazione. Mentre chi prima di te doveva sudare per trovare qualche pagina scritta, ora la difficoltà sta nel discernere baggianate da scritti contenenti un reale valore. E finché non avrai fatto questa distinzione in te stesso, non potrai riconoscere i primi dai secondi».
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