SANTO FRANCESCO DE GERONIMO – 1
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Esaurito
Descrizione
Nacque a Grottaglie (Taranto) il 17 dicembre 1642, primo di undici figli, di cui tre ecclesiastici, da una famiglia benestante e di profonda fede cristiana.
Ebbe la fortuna di trovare nel suo paese natale una scuola di lettere e di pietà, che gli giovò grandemente, fino ai diciassette anni. Fu, infatti, affidato all’età di dieci anni circa, a una congregazione di sacerdoti dediti all’insegnamento e alle missioni fra il popolo. Il piccolo Francesco, anziché essere ammesso alla sola frequenza delle scuole, ebbe il privilegio di abitare presso quei pii sacerdoti, dai quali gli fu ben presto affidata la cura della chiesa quale sagrestano e l’insegnamento del catechismo ai fanciulli. A volte, poi, accompagnava i sacerdoti nelle missioni aiutandoli nell’istruzione catechistica ai fanciulli.
A sedici anni gli fu conferita la prima tonsura su proposta della stessa Congregazione (1658) e a diciassette fu ricevuto nel seminario diocesano a Taranto per continuare i suoi studi, destinato ormai definitivamente al sacerdozio. Frequentò nelle scuole del collegio dei Gesuiti i corsi di retorica, di scienze e filosofia, venendo ordinato suddiacono nel 1664 e di lì a qualche tempo diacono. Nel 1665 andò a Napoli, per consiglio dei suoi stessi maestri, a frequentare i corsi di diritto civile e canonico, conseguendo la laurea in tali materie, pare nel 1668, e in teologia.
Per non pesare sul bilancio familiare chiese e ottenne un posto di assistente dei giovani studenti nel collegio massimo dei Gesuiti napoletani. Nel 1666, frattanto, durante il corso di teologia fu ordinato sacerdote e nel 1670 diventò gesuita non ancora terminati gli studi teologici, che completerà qualche anno dopo per poter sostenere l’esame de universa philosophia et theologia richiesto dalle costituzioni dell’Ordine per la professione solenne dei quattro voti. Dal 1671 al 1674 fu addetto ai ministeri apostolici in Puglia, particolarmente nella diocesi di Lecce.
Come già nella vita di studente e di assistente dei giovani si erano rivelate le sue eccellenti doti intellettuali e le sue virtù, fino ad essere denominato dai giovani il sacerdote “santo”, così nell’attività apostolica si rivelarono le sue doti di apostolo zelante e di predicatore efficace.
Una volta ritornato a Napoli per completare gli studi di teologia, vi rimase poi per tutta la vita addetto alle missioni popolari che lo fecero apostolo di Napoli e che sostituirono le missioni dell’India o dell’Oriente da lui insistentemente chieste. Compì la solenne professione religiosa (8 dicembre 1682) nel pieno del suo apostolato napoletano, essendo addetto dal 1676 alla Casa Professa del Gesù Nuovo con tutte le mansioni inerenti all’ufficio affidatogli. Si trattava praticamente di un triplice ufficio: le missioni al popolo, che consistevano in prediche da tenersi nelle piazze e lungo le strade, dove confluiva più gente nei giorni festivi, allora piuttosto numerosi; la Comunione generale ogni terza domenica del mese, preparata anch’essa con prediche all’aperto: il de Geronimo con i suoi aiutanti conduceva la moltitudine del popolo nella chiesa del Gesù, ove numerosi sacerdoti già pronti ascoltavano le confessioni; la conversione delle donne di cattiva vita. Era uno degli aspetti delle sue missioni di piazza, ma aveva di particolare che egli penetrava nei quartieri ove più numerose erano le case che accoglievano quelle infelici e cominciava a predicare sotto le loro finestre. I suoi biografi ricordano molti casi, a volte miracolosi, di conversioni o di resipiscenza di quelle donne.
Ma questo triplice ufficio non esauriva l’attività del missionario, che estendeva il suo apostolato a tutti coloro che ne avevano bisogno, quali gli addetti alle navi, i carcerati, gli ammalati e gli uomini della sua congregazione degli artigiani: una specie di circolo cattolico o di confraternita che gli era di validissimo aiuto nelle missioni al popolo e nell’organizzare, come si è detto, le Comunioni generali della terza domenica del mese.
Anche se la città di Napoli fu per circa quarant’anni il suo campo missionario, pure non si esaurì in essa il suo zelo di apostolo giacché si sa che egli prese parte tante volte a missioni in altre regioni del regno di Napoli quali l’Abruzzo, le Puglie, il Sannio. Soprattutto, però, Napoli e dintorni beneficiarono dell’opera sua e subirono il forte ascendente della sua personalità taumaturgica, come dimostrano gli avvenimenti del 1707, allorché l’esercito austriaco occupò Napoli scacciando gli spagnoli di Filippo V. Come soleva accadere in simili circostanze, il popolo si abbandonava a rivolte e a saccheggi. Quella volta però l’autorità morale del de Geronimo valse a scongiurare il pericolo o a limitarlo notevolmente. Anzi, pare che egli concorresse a impedire che gli spagnoli asserragliati nelle fortezze bombardassero la città, facendo da mediatore, come attestano i processi di canonizzazione, sebbene nessuna menzione ne facciano il nunzio e il residente veneto nei loro minuziosi dispacci.
Un’altra attività apostolica del de Geronimo va ricordata, cioè quella degli esercizi spirituali alle diverse classi di persone: i monasteri di religiose e di religiosi, i conservatori per la gioventù, i carcerati, e i “galeotti” delle navi. Dappertutto egli portava una parola calda di fede e di amore, infiammato com’era di un’ardente carità specialmente verso Gesù Cristo eucaristico e la sua santissima Madre. Fra le devozioni favorite e diffuse dal de Girolamo fu particolare quella a s. Ciro, medico e martire, il cui corpo riposa nella cappella omonima della chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. Egli portava con sé nelle missioni una reliquia del santo e ad essa attribuiva tutti i prodigi che andava operando durante le sue prediche, sebbene parecchi testimoni coevi ritengano che Iddio operasse miracoli per le sue stesse virtù e che egli, nella sua umiltà, si celasse dietro il potere taumaturgico di s. Ciro. Tale testimonianza vale a dimostrare quale stima avessero delle sue virtù i contemporanei, che del resto furono concordi nell’affermarne la santità della vita in tutti i processi di canonizzazione cominciati già pochi anni dopo la sua morte, avvenuta a Napoli il giorno 11 maggio 1716.
Fu beatificato da Pio VII il 2 maggio 1806, allorché i Gesuiti, su richiesta del re Ferdinando IV di Borbone, erano stati riconosciuti per il regno di Napoli (la restaurazione dell’Ordine avverrà nel 1814). Fu poi canonizzato dal papa Gregorio XVI il 26 maggio 1839 e la sua festa fu fissata nel giorno della morte. Il corpo, traslato nella cappella a lui intitolata nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, che venne arricchita dallo scultore Jerace dell’artistica statua del santo in atto di predicare, vi rimase fin dopo la seconda guerra mondiale, allorché fu trasportato nella chiesa dei Gesuiti di Grottaglie, patria del santo.
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