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MIRCEA ELIADE E IL MITO DELL’ETERNO RITORNO

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Col mito dell’eterno ritorno Eliade denuncia la deriva intellettuale dell’uomo moderno, nel tentativo di recuperare i fondamenti perenni che presiedono all’esperienza del sacro nelle civiltà arcaiche tradizionali. L’attualità del mito risiede tutta nella sua inalterata componente pedagogica e nella sua valenza escatologica: essa è un richiamo all’oriente dell’anima ed alla vita intesa come Storia sacra dell’umanità.

Il mito dell’eterno ritorno, pertanto, offre la possibilità di ripercorrere la via del simbolismo religioso, nell’ottica della realtà cosmoteandrica, la realtà totale, che ricongiunge, mediante la metafisica tradizionale, l’uomo al suo fine supremo: la divinizzazione dell’essere. In tempi nei quali sacro e profano vivono il loro scontro decisivo, Eliade pone l’accento sulle discipline dimenticate della cosiddetta Scienza sacra: Antropologia teandrica, Cosmologia e Cosmogonia. Lo scopo è quello di opporsi ad una visione nichilista e psicologista del mito, la stessa che impone, all’interno di questo lavoro, un confronto col più celebre teorico dell’eterno ritorno, il filosofo Friedrich Nietzsche.

Eliade rileva questa nostalgia dell’eternità: « stare nella durata senza sentirne il peso, cioè senza subirne l’irreversibilità». Una filosofia della storia che attinge al deposito della Tradizione Universale, nel tentativo di rintracciare il senso ed il significato autentico del nostro Tempo.

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