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LA PADRONANZA DEL SÉ

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Esaurito

Descrizione

Don Miguel Ruiz Jr. presenta con parole attuali l’antica saggezza della tradizione tolteca, aiutandoci a metterla in pratica nella vita di ogni giorno.

Gli antichi Toltechi affermano che la vita, così come la percepiamo, è un sogno: ciascuno vive nel proprio sogno personale e i sogni di tutti si riuniscono a formare il Sogno del Pianeta. I guai iniziano quando dimentichiamo che tutto è solo un sogno e arriviamo a credere di non avere alcun controllo.

Sviluppiamo la padronanza di Sé quando riusciamo a vivere il Sogno del Pianeta senza perdere di vista chi siamo davvero, rimanendo consapevoli che ogni scelta da noi compiuta è una nostra responsabilità.

Se ricordiamo che si tratta solo di un sogno, riusciamo a muoverci liberamente, spezzando infine le catene dell’attaccamento e della schiavitù.

Una volta liberi, abbiamo la possibilità di vivere il nostro Sé più vero, autentico e amorevole non più solo nel silenzio e nella meditazione, ma in qualsiasi luogo, nel negozio sotto casa o in un ingorgo stradale, e in qualunque situazione o scenario che ci troviamo ad affrontare.

Introduzione:

“Immaginate per un attimo di essere in un sogno. In questo sogno vi trovate a una grande festa dove siete l’unica persona sobria in mezzo a migliaia di persone tutte ubriache. Gli altri partecipanti al party sono in diversi stati di ebbrezza. Alcuni si sono fatti due o tre bicchieri e sono solo un po alticci ma la maggior parte ricade nella generica definizione di ubriaco e certi altri sono così sbronzi che si stanno coprendo di ridicolo in diversi modi. Possono anche essere incoscienti, dato che i loro comportamenti sembrano completamente fuori controllo.

Alcuni sono vostri amici e parenti, altri conoscenti, ma i più non sapete chi sono. Cercate di parlare con qualcuno ma capite presto che il loro livello di ebbrezza impedisce di comunicare chiaramente perché ha oscurato il loro punto di vista. Notate anche che ognuno vive la festa in modo diverso dipendendo dal suo grado di ubriachezza e le vostre interazioni cambiano a ogni bicchiere in più che bevono.

Si va da quelli chiassosi, esuberanti e garruli a quelli riservati, silenziosi e cupi. Mentre il party infuria vedete tutti passare da un estremo all’altro dello spettro: da felici a tristi, da eccitati ad apatici. Si arrabbiano e si riconciliano, litigano, si abbracciano e litigano ancora, e voi osservate questi strani comportamenti che si ripetono ciclicamente senza fine per tutta la notte. Capite che anche se sono ubriachi, non sono gli alcolici che bramano ma la messinscena del party.

Mentre la serata prosegue, le vostre interazioni con i partecipanti al party variano da persona a persona. Qualcuno è gradevole, altri sono potenzialmente pericolosi. Poiché la loro percezione è offuscata, reagiscono emotivamente a situazioni che voi riuscite a vedere come pure illusioni. Per alcuni di loro il sogno è diventato un incubo.

La cosa più importante di tutte è questa: è evidente che in questa festa nessuno sa che tutto è soltanto un sogno.

Poi vi accorgete che questa non è una festa nuova, ci siete già stati prima. In precedenza siete stati anche voi come gli altri. Siete passati attraverso vari gradi di ubriachezza e vi siete comportati esattamente come quelli che adesso sono attorno a voi. Parlavate immersi nelle nebbie dell’alcol, vi univate alle follie della festa e lasciavate che l’ebbrezza guidasse le vostre azioni.

È evidente che nessuno qui capisce che voi siete sobri. Pensano tutti che siate ancora ubriachi come loro. Non vedono il vostro percorso, solo il loro. Vi vedono solo come una distorsione, proiettati dalle loro menti confuse dall’alcol, non come realmente siete. Sono anche completamente inconsapevoli del vero effetto che l’alcol sta avendo su di loro. Ognuno è perduto nel suo sogno della festa. Non si accorgono che le loro interazioni non sono più sotto il loro controllo. Il risultato è che cercano continuamente di convincervi a unirvi alla messinscena del party, a unirvi alla follia che la loro percezione distorta ha creato.

Voi cosa farete?”

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