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TEORIA DELL’INDIVIDUO ASSOLUTO

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Descrizione

Teoria dell’Individuo assoluto rientra nel gruppo delle opere a carattere propriamente filosofico, speculativo, scritte da Julius Evola. In esso, le tesi della corrente chiamata di «idealismo trascendentale» vengono riprese, integrate e portate fino alle ultime conseguenze, in una teoria dell’Individuo assoluto, che va a sostituire quella di un astratto «soggetto gnoseologico», centro di una semplice teoria del conoscere.

In connessione con ciò, l’accento si sposta sul problema dell’azione, per cui l’essenza dell’indagine si può riassumere nel detto che nella filosofica moderna dell’immanenza si esprime la riflessione giunta a riconoscere la propria insufficienza e la necessità di un’azione assoluta partente dall’interno.

Il problema della libertà viene fatto oggetto di una particolare analisi, e costantemente viene sottolineato tutto ciò che ha un carattere «esistenziale».

L’Autore spesso ha presentato le idee da lui difese come quelle di un «idealismo magico», però avendo cura di distinguerlo nettamente dall’idealismo magico a carattere romantico e liricizzante già professato da Novalis.

Offre uno speciale interesse la critica immanente, svolta in tale contesto, delle posizioni dell’idealismo astratto, nel quale rientrano quelle dell’attualismo del Gentile e di altri epigoni velleitari della grande tradizione dell’idealismo classico tedesco, nei quali troppo spesso le corrispondenti idee hanno finito con l’assumere forme svuotate e disanimate.

L’opera, iniziata nel 1917 in zona di guerra (“Quota neutra del Cimone”), venne conclusa a Roma nel 1924, quando l’Autore aveva fra i 19 e i 26 anni.

Opera dunque “giovanile” ma di eccezionale maturità, tanto da suscitare lo stupore dei filosofi dell’epoca pur se non condividevano in tutto o in parte le sue idee (da Croce a Tilgher, da Abbagnano a Spirito), deve considerarsi una tappa fondamentale dell’iter intellettuale e spirituale di Julius Evola, il quale, poste così le basi filosofiche della sua “visione del mondo”, si rese conto che in tale direzione non poteva andare oltre e, quindi, passò ad approfondire il concetto di “Tradizione”.

Venticinque anni dopo, durante lunghi soggiorni ospedalieri seguiti al trauma che lo paralizzò alle gambe (1945), l’Autore riscrisse Teoria nel 1949, ma non riuscì a trovare, a differenza di altri suoi testi dello stesso periodo, alcun editore disposto a pubblicarla.

La nuova stesura vide finalmente la luce pochi mesi prima della sua scomparsa, nel dicembre 1973, senza però che alcun esponente della “cultura ufficiale”, come egli auspicava, “attirasse l’attenzione”, sul suo valore.

Dopo altri venticinque anni ciò è finalmente possibile, come dimostra l’introduzione del professor Piero Di Vona. Il volume è inoltre completato da due altri saggi: il primo, di Roberto Melchionda, analizza le differenze fra la Teoria del 1927 e la Teoria del 1949 cercando di capire i motivi delle modifiche apportatevi da Evola; il secondo, di Alfonso Piscitelli, espone gli echi che l’opera suscitò al suo apparire nella cultura italiana degli Anni Venti e Trenta.

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